Così come abbiamo fatto recentemente riguardo al tema degli ormoni, oggi vogliamo sdoganare la falsa credenza secondo la quale la carne di pollo che portiamo sulle nostre tavole è piena di antibiotici. Questa è una delle fake news che più circola tra la popolazione. Infatti, nonostante il pollo sia apprezzato da più di 46 milioni di Italiani, pregiudizi e dubbi resistono, mettendo in discussione la sicurezza e la genuinità di questo prodotto.
Dagli ultimi dati Doxa emerge che ben il 74% della popolazione crede tutt’ora che nella carne di pollo ci siano residui di antibiotici utilizzati sia a scopo preventivo che come acceleratori della crescita.
Non è vero! Facciamo un po’ di chiarezza. Così come per gli umani, anche nel caso degli animali, la somministrazione di farmaci e di antibiotici negli allevamenti avicoli è legata elusivamente alla presenza di una malattia conclamata ed avviene sotto la responsabilità e il controllo del veterinario. Inoltre, dal 2006 in Europa è stata ufficialmente vietata questa pratica: utilizzare gli antibiotici per velocizzare la crescita degli animali non è consentito.
Da cosa è garantito il corretto uso dei farmaci negli animali?
Il Piano volontario sull’uso responsabile del farmaco e la lotta all’antibiotico resistenza è il più importante intervento organico di riduzione e razionalizzazione del farmaco in ambito zootecnico in Italia, ratificato anche dal Ministero della Salute. Varato nel 2013 su base volontaria, è un esempio di come le aziende avicole italiane stiano compiendo grandi passi verso una filiera sempre più virtuosa. L’obiettivo del piano era di ridurre del 15% (rispetto al dato del 2011) l’uso totale di antibiotici entro il 2015, e di arrivare a meno 40% nel 2018. Il traguardo è stato raggiunto con 3 anni d’anticipo, ottenendo ad oggi una riduzione di oltre il 90% nella carne di pollo.
Come possiamo essere certi che la carne che portiamo in tavola sia sicura al 100%?
Il Piano Nazionale Residui (PNR) è un programma di sorveglianza e di monitoraggio attuato dal Ministero della Salute e da altre Istituzioni, come per esempio ASL e Istituiti Zooprofilattici. Ha lo scopo di verificare l’assenza di sostanze indesiderate nei prodotti di origine animale e quindi anche di controllare la somministrazione degli antibiotici.
Anche in questo caso i risultati sono un’ulteriore conferma del rispetto normativo e delle buone pratiche adottate dalla filiera avicola: l’obiettivo di non mettere antibiotici nel piatto è pienamente conseguito, lo sostengono i controlli effettuati quotidianamente da oltre 5.000 veterinari pubblici (ASL) e dagli altri organi di controllo del Ministero della Salute.
Nel caso in cui gli antibiotici fossero necessari per il benessere dell’animale, prima del processo di trasformazione, deve essere rispettato il periodo di sospensione. Questa finestra temporale è il tempo stabilito per legge tra l’ultima somministrazione e la commercializzazione della carne. In questo modo il farmaco viene smaltito naturalmente dall’organismo dell’animale e la carne che portiamo in tavola non contiene alcuna traccia di medicinale ed è sicura al 100%.